Ecco quante mammografie si possono effettuare in un anno senza rischi

La questione relativa a quante mammografie si possono effettuare in un anno senza rischi interessa sia le pazienti sia gli operatori sanitari, poiché l’esame, pur essendo fondamentale per la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore al seno, è associato a una minima esposizione alle radiazioni ionizzanti e può portare a fenomeni di overdiagnosis, cioè la scoperta di tumori che non avrebbero mai dato sintomi nella vita della donna. Gli studi più recenti delle agenzie e dei gruppi di lavoro europei e internazionali hanno definito raccomandazioni chiare e differenziate per le diverse fasce d’età, basandosi su un attento bilancio tra i benefici e i potenziali rischi.

Le raccomandazioni internazionali sulla cadenza dello screening

La Commissione Europea per lo screening del cancro al seno (ECIBC) raccomanda strenuamente di non sottoporre le donne a mammografie annuali in nessuna fascia d’età, neanche tra i 45 e i 49 anni, dove il seno è generalmente più denso e il rischio di cancro è in aumento, ma ancora relativamente basso. Per le donne tra i 50 e i 69 anni, la raccomandazione forte è quella di effettuare lo screening ogni due anni, mentre per la fascia 70-74 anni si suggerisce un intervallo triennale, sempre valutando anche lo stato di salute generale della paziente.

In Italia, le linee guida regionali e l’AIRC confermano questa tendenza: le donne tra i 45 e i 49 anni sono invitate a eseguire una mammografia annuale, mentre da 50 a 74 anni la cadenza consigliata scende a ogni due anni.

La scelta di questi intervalli non è casuale. Per le quarantenni, la densità del seno rende la mammografia meno sensibile: alterazioni sospette possono essere individuate meglio con una periodicità più ravvicinata. Tuttavia, non esistono evidenze solide che dimostrino un beneficio significativo nell’utilizzo della mammografia più di una volta all’anno, neanche in questa fascia d’età; al contrario, aumentare la frequenza degli esami non porta a una riduzione apprezzabile della mortalità rispetto a un intervallo biennale, mentre aumenta il rischio di falsi positivi, ulteriori accertamenti e sovradiagnosi.

Il bilanciamento tra rischi e benefici

L’aspetto fondamentale che guida la definizione degli intervalli di screening è il bilanciamento tra effetti desiderati e indesiderati. Gli studi osservazionali indicano, ad esempio, che nelle donne tra i 45 e i 49 anni i carcinomi intervallo (tumori che insorgono tra una mammografia e l’altra, venendo diagnosticati in fase più avanzata) aumentano rapidamente già dopo il primo anno, suggerendo che un intervallo annuale potrebbe essere più efficace in questa fascia rispetto a programmi biennali. Tuttavia, gli unici dati derivanti da studi randomizzati – come un piccolo trial condotto in Finlandia – non hanno trovato differenze significative nella mortalità tra intervalli annuali e triennali, anche nelle donne giovani.

Un studio indiretto che ha confrontato dati di diverse popolazioni ha stimato che la differenza di mortalità tra screening annuale e biennale sia soltanto del 4%, con un intervallo di confidenza che rende questa differenza poco significativa da un punto di vista clinico. Il vantaggio di uno screening annuale rispetto a un intervallo biennale, quindi, è considerato marginale e insufficiente per giustificare la duplicazione degli esami e dei potenziali effetti collaterali.

Rischi della frequente esposizione

La mammografia utilizza raggi X a basso dosaggio, ma una esposizione ripetuta e ravvicinata può comunque aumentare il rischio di sviluppare tumori indotti dalle radiazioni, sebbene questo sia un pericolo molto raro. Il rischio cumulativo di una donna che partecipa a un programma di screening biennale tra i 50 e i 74 anni è considerato clinicamente irrilevante rispetto ai benefici in termini di riduzione della mortalità per cancro al seno.

Allo stesso modo, è importante considerare che la mammografia può portare a fenomeni di falso positivo e sovradiagnosi (cioè la diagnosi di tumori che non sarebbero mai diventati clinicamente rilevanti nella vita della donna), che diventano più frequenti se la cadenza degli esami è ridotta. Questi fenomeni espongono la paziente a ulteriori accertamenti, biopsie, interventi chirurgici e ansia ingiustificata.

Indicazioni per le donne con rischio aumentato

Per le donne con familiarità o predisposizione genetica (ad esempio, portatrici di mutazioni BRCA1/2 o con storia familiare di tumore al seno o ovarico), la cadenza dello screening può essere modificata su indicazione del medico, come previsto dai protocolli di sorveglianza, e prevedere esami più frequenti e strumenti aggiuntivi (come risonanza magnetica mammaria o ecografia). In questi casi, la valutazione del rischio individuale è fondamentale e l’esame può essere proposto anche prima dei 45 anni e con maggiore frequenza, ma sempre sotto la supervisione di centri specializzati.

Le donne con mammella densa, che rende la mammografia meno sensibile, possono trarre beneficio anche dall’integrazione con l’ecografia supplementare, ma la mammografia rimane il cardine dei programmi di screening. Anche in questi casi, tuttavia, la frequenza annuale rappresenta una soluzione ragionevole e ben bilanciata tra rischi e benefici.

Conclusioni

Le raccomandazioni attuali sullo screening mammografico, sostenute dalle principali agenzie nazionali e internazionali, suggeriscono che non esiste un beneficio netto nell’effettuare la mammografia più di una volta all’anno, neanche nelle donne più giovani o con seno denso. La cadenza annuale è raccomandata solo nella fascia 45-49 anni, dove la densità mammaria è un problema rilevante; per tutte le altre fasce d’età, l’intervallo biennale consente di ridurre la mortalità per cancro al seno senza aumentare in modo rilevante i rischi di esposizione o sovradiagnosi.

Il programma organizzato di screening mammografico è una delle grandi conquiste della medicina moderna, in grado di salvare migliaia di vite ogni anno grazie alla diagnosi precoce, e rappresenta un esempio di come le linee guida siano il risultato di una costante revisione scientifica che tiene conto di tutti i fattori in gioco, dalle evidenze epidemiologiche al peso dei possibili effetti collaterali. Le singole pazienti possono sempre rivolgersi al proprio medico di fiducia o ai centri senologici per chiarire dubbi o ricevere indicazioni personalizzate, soprattutto in presenza di fattori di rischio specifici. Per tutti gli altri, seguire le indicazioni dei programmi di screening nazionali è la scelta più sicura e razionale.

Lascia un commento